di Fiona Diwan
Volano le note del bandoneon, tra le centinaia di kippot e papaline ondeggianti nella sala: la melodia è quella del celeberrimo Libertango (1974) di Astor Piazzolla. Un’immagine insolita, lievemente surreale, specie se pensiamo di essere nella Sinagoga Centrale di via Guastalla per il Festival Internazionale di Cultura ebraica Jewish and The City dedicato al tema dello Shabbat, che ieri, 29 settembre 2013, ha preso il via in un Tempio gremito oltre ogni dire, il tutto esaurito per l’inaugurazione che si è aperta proprio con il musicista e compositore israeliano Omer Meir Wellber. Con la sua prodigiosa fisarmonica, Wellber ha sorpreso e incantato tutti proprio per la coraggiosa scelta di un tango argentino, «musica che ho preferito rispetto alle più scontate melodie russe o francesi, che trovavo malinconiche e depressive, e a mio avviso non troppo adatte a celebrare la gioia e il messaggio di questo Festival, oggi alla sua prima edizione», ha detto il giovane direttore d’orchestra, virtuoso di vari strumenti e enfant prodige del mondo musicale contemporaneo, – anche per la sua giovane età, 31 anni -.
Presentato da Valeria Cantoni di TrivioQuadrivio, che ha organizzato in modo mirabile l’intero Festival, Wellber ha sottolineato il parallelismo di approccio tra musica e testo biblico: «la lettura musicale somiglia alla lettura del pensiero religioso ebraico. Senza l’ascolto non esiste musica, senza orecchio non esiste testo sacro o letterario. Entrambi gli ambiti partono da un testo, prevedono un’interpretazione e non possono prescindere dall’ascolto. La Torà non è forse ascolto? E quante esperienze del divino, nella cultura ebraica, non sono forse state date al popolo ebraico attraverso l’orecchio? Non è scritto forse “Il popolo vide le voci sul Sinai”?
Ecco perché lo Shabbat è lo spazio dell’ascolto, ed è silenziamento del rumore e del brusio della nostra vita quotidiana, per lasciare spazio all’ascolto dei nostri cari, degli amici, della vita che scorre e rallenta, della nostra interiorità che finalmente ha modo di trovare spazio e tempo. Ma la verità è che non possiamo ascoltare senza fermarci e senza prenderci una maggiore e integrale responsabilità sulle cose che viviamo e che scegliamo di fare. Senza contare poi, che l’ascolto è qualcosa di attivo, partecipativo, mai statico o passivo», spiega il musicista. E sottolinea che senza ascolto non c’è momento sacro, religioso o musicale che tenga. Ecco perché occorre, per capire lo spirito dello Shabbat, rieducare l’orecchio che è tornato a essere oggi un po’ primitivo rispetto a occhio e sguardo che invece predominano nella nostra civiltà dell’immagine.
Numerosa in sala la presenza delle autorità cittadine con in prima fila il sindaco Giuliano Pisapia che era accompagnato da gran parte del Consiglio Comunale e che è rimasto fino alla fine della mattinata e della conferenza tenuta dallo scrittore e fondatore di Sos Racisme, difensore planetario dei diritti umani e civili, Marek Halter.
Presenti il Presidente della provincia, Guido Podestà, i Consiglieri comunali Paola Bocci e Ruggero Gabbai, l’Assessore alla cultura Filippo del Corno, l’Assessore al Commercio Franco D’Alfonso, il Vice-Presidente della Regione Mario Mantovani, il prefetto Francesco Paolo Tronca, l’Imam Sergio Pallavicini, il questore Luigi Savina, il colonnello Longo, alcuni esponenti della Curia arcivescovile milanese e numerose altre personalità.
«Questo Festival è l’esito di un cammino che la città di Milano e il mondo ebraico stanno intraprendendo insieme già da tempo. Il sogno era quello di portare a Milano, metropoli che è il vero cuore culturale del nostro Paese, un evento di levatura europea e internazionale, che desse omaggio alla città e al grande patrimonio culturale ebraico», ha dichiarato nel discorso inaugurale l’Assessore alla Cultura della Comunità Ebraica, Daniele Cohen. E continua: «Un festival diverso da tanti altri, animato da una ferma volontà di scambio e interazione con i molteplici mondi di cui è fatta la nostra modernità globale. Volevo ringraziare il Comune di Milano per aver creduto da subito in questo progetto e per averlo sostenuto. Ringrazio tutti per la fiducia e l’entusiasmo: l’UCEI – Unione delle Comunità Ebraiche d’Italia, la Rai, la Regione Lombardia e la Provincia di Milano, l’Università degli Studi e la Fondazione Corriere, Open care e il Teatro Franco Parenti. Un grazie speciale ai partner dal main partner ENI a Banca Intesa San Paolo, dalla Fondazione Cariplo alla Banca Popolare di Vicenza all’azienda Rigoni di Asiago, senza dimenticare Pirelli, Allianz e molti altri…».
Ha preso subito dopo la parola sulla tebà il Presidente della Comunità, Walker Meghnagi che ha sottolineato quanto il patrimonio culturale ebraico, a dispetto della sua storia millenaria, non sia affatto una reliquia del passato ma anzi, qualcosa di vivo, attuale e universale, da far conoscere e far condividere con le altre culture.
«Sono entusiasta e commosso di vedere questa partecipazione così massiccia. La vostra presenza qui, ci aiuta ad andare avanti, a capirci e a costruire un dialogo vivificante e pieno di stimoli», ha detto Meghnagi. «La cultura ebraica è oggetto di grande interesse e questo è fondamentale in un momento in cui l’intolleranza e il razzismo stanno rialzando la testa. Voglio ricordare che la Comunità ebraica è parte integrante da venti secoli della storia del nostro Paese, dimostrando di essere capace di integrarsi e assimilarsi al mondo circostante senza mai appiattirsi ad esso. Tutti insieme, oggi, dobbiamo batterci affinché ci siano sempre culture di minoranza, vera cartina di tornasole di uno Stato moderno e democratico. Dobbiamo anche far capire che l’ebraismo non è un cascame del tempo antico, ma qualcosa di vivo, che si nutre del passato e si proietta nel futuro, una cultura che aspira con tutte le sue forze alla pace e al rispetto delle diversità».
Un ringraziamento per i discorsi e per il festival è venuto anche dal Sindaco, Giuliano Pisapia: «queste parole riconfermano la volontà di raggiungere insieme gli stessi obiettivi. Sì, questo è un sogno che si è avverato. Sono orgoglioso di essere qui, in questo viaggio culturale dove si abbracciano culture diverse. Questa è una giornata particolare: Milano si appresta all’Expo e tutto ciò rafforzerà il dialogo tra soggetti che confluiranno qui da tutto il pianeta. E questo festival è in un certo senso il prologo, l’assaggio di ciò che avverrà: per realizzarlo abbiamo profuso energie, impegno, l’abbiamo costruito insieme. Fatti non parole. Per riscoprire quell’ebraismo che è parte della nostra storia, e non a caso Milano è città gemellata con Tel Aviv».
«Non ci si può sentire cristiani senza sentirsi anche ebrei, generati dallo stesso seme e dalla stessa fede nel Dio unico, un seme di dialogo e di pace». Anche per Guido Podestà, Presidente della Provincia, «si tratta di guardare insieme alla prospettiva di crescita di questa città. Il patrimonio culturale ebraico è parte integrante di questo Paese. Sono colpito dai temi di alcune delle conferenze del Festival, specie quelle dedicate alla Natura, tema centrale nel pensiero religioso cristiano ed ebraico». Podestà cita le parole di Papa Francesco, quel “camminare uniti nella diversità”, che è un manifesto programmatico. «Il papa sottolinea quanto sia importante trovare punti di convergenza nel rispetto gli uni degli altri. E noi, qui, tutti insieme, dobbiamo costruire la pace, immaginare un futuro a partire dalla conoscenza del passato, affinché non ci sia mai più un Binario 21».