di Redazione
Una serata intensa e vivace per dimostrare come la musica oltrepassi il semplice intrattenimento, diventando strumento di approfondimento ed esprimendo l’essenza del popolo ebraico e delle sue svariate provenienze, contro gli stereotipi. Questo l’intento del grande concerto presentato, domenica 10 ottobre presso l’Auditorium del Museo della Scienza e della Tecnologia Leonardo Da Vinci dal giornalista e conduttore Roberto Zadik. Nella sua stimolante introduzione, il giornalista ha sottolineato come la “musica sia la forma d’arte che meglio esprime l’essenza dell’identità ebraica” e le differenze fra due fra i più importanti gruppi ebraici, ashkenaziti (ebrei di ceppo tedesco fuggiti alle Crociate disperdendosi nell’Est Europa, dalla Polonia, all’Ungheria, alla Romania, all’Ex Urss) e i sefarditi (ebrei spagnoli scacciati dalla Penisola iberica nel 1492, lo stesso anno della scoperta delle Americhe e disseminati nel Nord Africa e nel Mediterraneo, in Paesi come Grecia e Turchia, ma anche in alcune città italiane e in Bulgaria).
Una maratona musicale appassionante accolta da scrosci di applausi da parte del pubblico, che ha apprezzato sia la brillante presentazione di Zadik, introdotto dal consigliere della Comunità ebraica organizzatrice dell’evento, Luciano Bassani che ne ha evidenziato la versatilità, dalla musica al cinema e il desiderio di unire “osservanza religiosa e cultura”, sia l’esibizione del talentuoso violinista Marco Valabrega e del suo trio Dreidel Ensemble che hanno intrattenuto il pubblico con l’energia dei loro strumentisti, Gianluca Casadei alla fisarmonica e Marco Camboni al contrabbasso e le qualità vocali spiccate della cantante italo turca Yasmine Sannino.
Ma quali sono state le tematiche e i brani della performance? Nella sua introduzione Zadik, regista dell’evento, ha sottolineato la monotonia degli stereotipi antiebraici “che restano immobili mentre il mondo ebraico è in continua evoluzione” e la sorprendente varietà dell’identità ebraica, intrinsecamente legata ai luoghi di provenienza dei singoli e delle loro famiglie.
Dedicando la serata a Rav Richetti zz’l, appassionato e studioso di canti ebraici e al musicologo ebreo casalese Leo Levi, Zadik ha evidenziato le differenze fra ebrei ashkenaziti, molto eterogenei anche fra loro, e i collegamenti della musica ebraica con l’ebraismo, le preghiere e le sinagoghe. Infatti i termini ashkenaziti e sefarditi che definiscono una serie di differenze nei modi di pregare e di osservare i precetti così come nei canti e nella lettura delle parashot bibliche ricordandosi di aver sentito questi termini per la prima volta nei libri della Torah suddivisi in rito tedesco o spagnolo. Successivamente egli ha introdotto tutti i brani della serata, augurandosi “che questo evento non si limiti a una performance isolata” ma inizi un nuovo cammino di studio e di approfondimento “su chi siamo davvero noi ebrei, attraverso la musica che, diversamente dal cinema o dalla letteratura, prodotta sempre dagli stessi ebrei quasi sempre di origine Est Europea, invece dia voce a tutti, dai polacchi, ai russi agli ebrei arabi”.
In tema di ashkenaziti, egli ha detto “la musica ebraica è stata estremamente influenzata dai luoghi in cui abbiamo vissuto” e gli ebrei Est Europei sono stati stimolati da Paesi che come Germania, Austria Polonia o ex Urss avevano una fertile tradizione musicale. “Il mondo ci ha molto influenzato” ha affermato “più di quanto noi l’abbiamo influenzato e questo è ben evidente nelle canzoni di stasera, nell’evoluzione ebraica mitteleuropea in cui emersero grandi talenti della musica classica, dai compositori Offenbach, Mendelssohn e Mahler, al Jazz con Stan Getz e Jacob Gerschowitz, noto col nome americanizzato di George Gerschwin, fino a geniali cantautori del pop rock da Bob Dylan a Leonard Cohen al dissacrante Lou Reed”. Un’area estremamente importante, come ha spiegato Zadik, per il rapporto fra ebrei ashkenaziti e musica fu la Polonia e soprattutto l’ex Urss . Gli ebrei dell’Unione Sovietica, specialmente ucraini, bielorussi o lettoni sono stati determinanti non solo per i loro Paesi ma anche nella musica statunitense, canadese o israeliana sia come compositori che come esecutori, “basti pensare a violinisti come Isaac Stern, Yehudi Menuchin o Shlomo Mintz o pianisti come Arthur Rubinstein”
Del resto anche canzoni famose, come Hava Nagila venne composta dal musicologo ebreo lettone Zvi Idelssohn così come le parole dell’inno israeliano Hatikwa (Speranza) vennero scritte dal poeta ebreo ucraino Imber.
Ma che dire della musica sefardita? “Essa – ha specificato Zadik – ha un percorso molto più complesso e misterioso, parte da grandi canzoni spagnole come Cuando Il Re Nimrod, classico medievale anonimo rifatta da molti musicisti, fra cui la superstar del pop israeliano Yeoram Gaon per poi invece perdersi quando, dalla Spagna, gli ebrei si rifugiarono nei Paesi del Nord Africa, con suggestive contaminazioni in grado di fondere musica andalusa e strumenti arabi come il mandolino marocchino, chiamato Oud.
Nel panorama musicale sefardita da segnalare sicuramente grandi cantautori come “il geniale poeta di rara profondità Herbert Pagani, ebreo libico sradicato e inquieto” e il cosmopolita Georges Mustaki, il cui vero nome Giuseppe Mustacchi nacque nella vivace Alessandria d’Egitto da genitori corfioti così come star algerine come Enrico Macias non dimenticando che gli ebrei nordafricani sono stati fondamentali nella ricostruzione delle comunità francesi, belghe e canadesi.
Passando alla presentazione dei brani, Zadik ne ha spiegato autori, testi e provenienze lasciando spazio alla musica. Tante canzoni, emozioni e atmosfere, dalle canzoni popolari Yiddish in stile klezmer come Ot Azoy (Quando il sarto cuce) e Papirossn (Sigarette) che come ha specificato Zadik “smentisce lo stereotipo dell’ebreo ricco e intellettuale, tante canzoni ashkenazite raccontano la povertà e la sofferenza ebraica in quei Paesi”, fino a colonne sonore di film importanti come Il violinista sul tetto. A questo proposito Zadik ha ricordato come, dal romanzo Tevje il lattivendolo dello scrittore Shalom Aleichem, Rav Richetti voleva trarne uno spettacolo teatrale; per poi introdurre altre due colonne sonore come il tema de La Lista di Schindler e La vita è bella, cantato dalla cantante israeliana di origini yemenite Achinoam Nini “nota nel mondo come Noa”.
Applausi, entusiasmo e tanta musica e ricordo di antiche canzoni degli ebrei turchi come la sfiziosa Sette modi di cucinare la melanzana e la coinvolgente Uskudara Fel Shara. Nel repertorio anche due classici della canzone israeliana come Yerushalaim shel Zahav (Gerusalemme d’oro) della cantautrice Naomi Shemer e Shir ha Shalom Canto per la pace “cantata, poco prima di morire, da Yitzhak Rabin”.