di Nathan Greppi
Spesso i media italiani hanno difficoltà nel comprendere il contesto politico e sociale israeliano, che pur desta un certo interesse. Dell’attualità politica israeliana e del suo futuro ha parlato il demografo italo-israeliano Sergio Della Pergola domenica 10 ottobre in occasione della Giornata Europea della Cultura Ebraica, intervistato dal giornalista Ferruccio De Bortoli presso il Museo Nazionale della Scienza nell’incontro Dialogo politico – Israele: dialoghi e convivenze.
La prima cosa che ha chiesto De Bortoli è stata raccontare “questa fase della vita politica d’Israele, della quale agli occhi italiani sfugge la dinamica.” Della Pergola ha cominciato spiegando che come in Italia, anche in Israele esiste il movimento no-vax “in una forma meno violenta ma più diffusa e subdola, e che ha anche componenti sociologiche diverse da quelle italiane.” Ha ricordato che in Israele, con la fine del governo di Netanyahu e l’ascesa di Naftali Bennett, “abbiamo avuto una transizione epocale e molto drammatica, perché abbiamo avuto tre anni di anarchia politica ed economica. È un paese che per tre anni non si è dato un bilancio dello stato, acuendo determinate tensioni che chi è al vertice avrebbe dovuto moderare.”
Parlando dell’attuale governo, ha affermato che il suo lato positivo sarebbe quello di includere tutti, dagli ebrei religiosi agli arabi, ma ha anche aggiunto che “il limite di questa formazione sta nel non poter prendere decisioni storiche, che comporterebbero una scelta tra due fronti.”
Passando alla politica estera, Della Pergola ha riconosciuto che “va dato atto all’amministrazione precedente di aver fatto cose importanti. Gli Accordi di Abramo sono indubbiamente un grosso successo della gestione di Netanyahu, anche se va vista in una funzione pro-Trump, e non solo pro-Israele.” Secondo lui, con l’apertura dell’ambasciata americana a Gerusalemme e il riconoscimento della sovranità israeliana sul Golan l’allineamento secondo alcuni eccessivo al Partito Repubblicano ha dato dei frutti. Tuttavia, Netanyahu era diventato quasi “persona non grata” per la nuova amministrazione alla Casa Bianca, e per questo è stato un bene cambiare governo.
Parlando invece dei rapporti con l’Italia, ha ricordato come “c’è stato un miglioramento: nel periodo ‘Craxi–Andreotti–Forlani’ quella italiana era una politica pro-araba; con Berlusconi c’è stato un cambiamento di rotta assoluto, perlomeno a livello d’immagine e di interscambio commerciale. Oggi, molti anni dopo, l’aviazione israeliana si addestra con gli italiani.” Tuttavia, non mancano episodi di ambiguità, ad esempio quando l’Italia deve votare all’UNESCO mozioni legate a Israele.
Parlando alla fine dell’aumento della popolazione israeliana, il demografo ha spiegato che “è un fatto di numeri, ma anche di identità.” Ha ribadito che la soluzione migliore è quella dei due stati, mentre la proposta di uno stato unico “è una sciocca provocazione intellettuale.” A parte la diversa crescita di ebrei e arabi, vi è la questione legata alla crescita degli ebrei ortodossi, che sono poco integrati nel tessuto sociale e vivono perlopiù di sussidi statali.