di Paolo Castellano
Qual è il valore del dialogo interreligioso e come procede oggi? Questa è la domanda di fondo che ha animato l’incontro intitolato Il dialogo interreligioso. Il progetto Maimonide. L’evento, moderato dalla direttrice dei Media della Comunità ebraica di Milano Fiona Diwan, si è svolto presso la Sinagoga Maggiore di Milano nel quadro della Giornata Europea della Cultura Ebraica (GECE) e ha ospitato gli interventi di Rav Alfonso Arbib, Mons. Gianantonio Borgonovo, Imam Yahia Pallavicini e il Lama Paljiin Tulku Rinpoce.
Nella sua elaborata introduzione, Fiona Diwan ha delineato i principali problemi del dialogo interreligioso, ricordando tuttavia i formidabili risultati ottenuti da Rav Giuseppe Laras e dal Cardinale Carlo Maria Martini. «Il dialogo tra le religioni non ha nulla di romantico, e non è per nulla pacifico. Dialogare significa sporgersi verso l’altro. Esistono tante religioni, esistono tanti dialoghi. Ci sono delle differenze da rispettare senza cedere al bla bla bla, all’uso di luoghi comuni».
Diwan ha dunque rivolto una domanda “politica” ai primi due relatori, chiedendo all’Imam Pallavicini e a Rav Arbib di commentare l’eredità diplomatica degli Accordi di Abramo, che hanno contribuito al riconoscimento dell’esistenza di Israele da parte di un gruppo di Stati arabi.
«Gli Accordi sono un successo istituzionale. Il Dipartimento di Stato americano ha organizzato diverse attività per sensibilizzare gli esponenti delle comunità ebraiche, musulmane e cristiane. La convergenza di Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Marocco e altri Stati arabi è una rottura di quella contrapposizione fratricida da parte di coloro che hanno organizzato attentati contro ebrei e israeliani», ha risposto Pallavicini, aggiungendo che gli Accordi di Abramo siano un “modello costruttivo concreto” e che favoriscano il dialogo tra Israele e il mondo arabo.
Rav Arbib ha elogiato le posizioni del mondo arabo moderato, di cui Pallavicini è senz’altro un rappresentante, ma ha sollevato la questione dell’estremismo arabo sostenuto anche da parte dell’Occidente. «Tra gli Stati arabi e Israele serve un terzo attore. Questo attore dovrebbe essere l’Europa. In particolare la Chiesa cattolica che dovrebbe sostenere l’Islam moderato con scelte precise. So che farlo è difficile. Si rischia la pelle. Tuttavia il riconoscimento dello Stato d’Israele rimane un elemento fondamentale nella costruzione di un dialogo interreligioso».
Sulla questione politica, Mons. Borgonovo ha sostenuto la complessità dell’operare nel mondo arabo, soprattutto a livello più basso con la popolazione. Per ciò che riguarda il dialogo interreligioso con Islam ed Ebraismo, Borgonovo ha detto che la Chiesa dovrà lavorare su tre aspetti: la traduzione delle fonti, l’interpretazione dei testi sacri e la critica della passata interpretazione. Soltanto così, ci potrà essere un confronto trasversale tra i tre monoteismi, abbandonando l’ideologia e lavorando insieme sull’interpretazione critica. «Dobbiamo avere il coraggio di smetterla di parlare a vuoto e utilizzare il dialogo, dia e logos, riscrivere la storia attraverso lo spazio e il tempo cercando di leggere il passato con gli occhi degli altri».
Il Lama Paljiin Tulku Rinpoce ha invece sollevato dubbi sugli approcci moderni al dialogo interreligioso. Nello specifico, l’atteggiamento di Papa Francesco che non ha ancora incontrato il Dalai Lama mentre ha preso accordi con la Cina. «Abbiamo una rappresentazione superficiale del dialogo interreligioso, non coerente con ciò che ci aspettiamo. Le religioni dovrebbero lavorare insieme, a beneficio degli ultimi. Non firmare le pergamene. Per questo dovremmo incontrarci e mangiare insieme. Perché a tavola siamo naturali. Deve essere il dialogo del fare e non del parlare».