Il dilemma del vegetariano: scelte alimentari, scelte morali

Jewish in the City

di Ester Moscati

Di etica, alimentazione vegetariana, responsabilità collettiva verso la salute e il futuro del nostro amato pianeta, si è parlato nella quarta giornata dell’evento Tenda di Abramo, alla Palazzina Appiani. Relatori dell’incontro “Il dilemma del vegetariano: scelte alimentari, scelte morali”, il Rabbino Capo di Roma Rav Riccardo Di Segni, Mons. Luigi Nason, Mino Chamla, docente di Filosofia e Storia, e Claudia Sorlini, Professore ordinario di Microbiologia agraria presso l’Università degli Studi di Milano e referente scientifico di Expo 2015. L’attrice Lella Costa ha introdotto il dibattito, moderato da Davide Romano, Assessore alla Cultura della Comunità ebraica.

 

Davide Romano, Claudia Sorlini, Luigi Nason, Lella Costa
Davide Romano, Claudia Sorlini, Luigi Nason, Lella Costa

Già dalle parole di Lella Costa, tra il serio e il faceto, si è dipanata la complessità del tema e la varietà dei possibili approcci: amore per gli animali, rispetto per le tradizioni, ma anche una nuova consapevolezza dell’impatto sanitario e ambientale provocato dagli allevamenti intensivi, fino alla carenza di acqua e all’inquinamento, all’abuso di farmaci antibiotici che contaminano bestiame e consumatori. Citando Jonathan Safran Foer e il suo libro Se niente importa, Lella Costa ha ribadito l’importanza di una “assunzione di responsabilità verso l’atto dell’alimentarsi, come pure la consapevolezza, passata attraverso la lettura del Pranzo di Babette di Karen Blixen, che condividere il cibo è offerta di pace, risarcimento e accoglienza. Dovremmo tutti interrogarci di più per il bene comune. In un recente incontro all’Expo, un giovane contadino messicano ha espresso un concetto che faccio mio: ‘Non voglio un mondo migliore per i miei figli ma figli migliori per questo mondo'”.

 

Davide Romano, introducendo i relatori, ha spiegato il filo rosso che lega il palinsesto della Tenda di Abramo: “parlare di cose concrete per un confronto interreligioso e inter-culturale che sia utile a ragionare sulla nostra vita quotidiana e concreta e per integrare nella modernità un patrimonio millenario. Le indicazioni alimentari e terapeutiche di Maimonide, vissuto nel 1100, sono perfettamente coincidenti con quelle attuali dell’OMS e le nuove tendenze, come il km0 hanno origini molto antiche, nella Bibbia”.

 

Rav Riccardo Di Segni e Mino Chamla
Rav Riccardo Di Segni e Mino Chamla

Mino Chamla, vegetariano sin dall’infanzia, quando scoprì l’orrore per i “cadaveri nel piatto”, ragiona sui punti deboli del vegetarianesimo (sta diventando “di moda”;  gli animalisti veg sono spesso fanatici) ma, dice “Tocca temi radicali, esistenziali e storici. Il mio è un raro caso di un vegetariano ‘spontaneo’, fin da bambino avevo orrore della carne. Poi ho cercato di capire con il pensiero, con la filosofia che per me è la vita. Col tempo ho cercato il senso. Il paradosso è che non si può essere fanatici. Non possiamo coerentemente risparmiare gli animali, perché qualunque tradizione ci dice che tutto è vivente. Mangiare è distruggere, quindi non si può essere coerenti fino in fondo ed essere vivi al contempo.

Nella Bibbia c’è una riflessione profonda sul rapporto con gli animali e la complessità dei rapporti tra esseri viventi. La sfida è capire che l’animale, più è diverso, più è interessante. L’animale è uno specchio di noi stessi. Fino al Diluvio universale gli uomini mangiavano solo vegetali, dopo è stato loro concesso di cibarsi degli animali. Una concessione, non un diritto. Io penso che gli animali non siano ‘una cosa nostra’, per cui sono contrario anche alla sperimentazione. Il vegetarismo è un percorso complesso e gli allevamenti intensivi sono il vero problema. ‘Pensa a quello che fai, a quello che mangi’ è un pensiero profondamente ebraico. Non è solo un orientamento etico ma una necessità per sopravvivere”.

 

Rav Riccardo Di Segni, che oltre ad essere il Rabbino Capo di Roma è un medico, dice che il tema “Mi coinvolge da tanti punti di vista. In queste settimane leggiamo l’inizio della Genesi e la parashà Noah. Si basa su questo brano il vegetarianesimo ebraico. Ad Adamo viene detto di mangiare di ‘tutti gli alberi del giardino’ e poi, dopo la Cacciata, ‘l’erba dei campi’. Dopo il diluvio, mandato da Dio perché ‘Ogni bassar – ogni ‘carne’ – aveva degenerato’ (quindi non solo gli uomini avevano peccato, ma anche gli animali), viene detto che si può mangiare tutto, ma non il sangue (la vita) degli animali. Per 2000 anni, dalla Creazione al Diluvio gli uomini sono dunque stati vegetariani. Perché dopo è stato permesso il consumo della carne? Nel Talmud ci sono diverse interpretazioni: salvando gli animali nell’arca Noah ha acquisito il diritto di cibarsene; dopo il diluvio, gli animali sono cambiati; oppure sono gli uomini ad essere cambiati. C’è chi ha avanzato anche una interpretazione più materiale: dopo il diluvio non c’erano abbastanza erba e vegetali per sfamare la popolazione. Un’altra corrente di pensiero parla della scala naturale (catena alimentare), per cui è naturale, appunto, che il più forte mangi il più debole. Alcuni dicono che il precetto di celebrare le Feste si può realizzare solo con la carne, mentre altri Maestri avvertono che nella carne si cela la cattiveria. Rav Cassuto diceva che gli ebrei aspettano il Messia e solo dopo la sua venuta torneremo vegetariani, quando nemmeno gli animali saranno più carnivori. Rav Kook ha scritto cose fortemente critiche contro i vegetariani, e che lo spirito distruttivo, non incanalato nell’alimentazione carnivora, porterebbe alla violenza verso i propri simili. Avere misericordia verso gli animali come se tutto il resto fosse a posto diventa una scusa, un alibi. E poi c’è l’aspetto storico: gli egiziani che resero schiavi gli ebrei erano vegetariani, dunque gli ebrei liberati si misero in contrapposizione con i loro oppressori. È il significato del sacrificio Pasquale quando, ancora in Egitto, gli ebrei che si preparavano a fuggire uccisero l’agnello, che per una società che aveva deificato gli animali come era quella Egizia, era un affronto, un sacrilegio, un atto di ribellione. In conclusione possiamo dire che per l’Ebraismo mangiare carne è una concessione, non un diritto. Quindi va fatto con rispetto e consapevolezza. Umanità o animalità? Non dobbiamo essere crudeli con gli animali per loro o per noi?”

 

Il biblista Luigi Nason si è soffermato sugli albori del Cristianesimo e sui secoli in cui i giudeo cristiani continuarono ad osservare l’alachah anche in ambito alimentare, pur avendo riconosciuto Gesù come messia. Interessanti in particolare le regole monastiche e la voce, in favore dell’astensione dalla carne, di Girolamo, che traduceva direttamente dall’ebraico e in una lettera dice che la venuta di Gesù, chiudendo il cerchio dalla Creazione, dovrebbe aver interrotto il permesso di mangiare carne. Altre voci ecclesiastiche di epoca Medievale sostenevano che mangiare carne fosse innaturale come adorare il demonio. “Ma sono voci isolate. – dice Nason – Anche se nelle regole monastiche si parla molto di regole alimentari, non si parla però di vegetarianesimo. Semmai la carne rossa viene associata alla lussuria. Dal 2009 esiste una associazione di cattolici vegetariani. L’alimentazione, comunque, non può portare alla voracità e l’uomo da custode del creato non può diventare un predatore. Piuttosto va sottolineata la simbologia dell’uomo come pastore dell’animalità che è in lui”.

 

La professoressa Claudia Sorlini ha dato un’interpretazione scientifica di come lo stile di vita vegetariano o onnivoro dipenda dall’ambiente “Sin dall’inizio l’uomo fu cacciatore e non stanziale. Solo dopo la nascita dell’agricoltura, ed era la donna a selezionare le sementi per la coltivazione, divennero stanziali. Ma poi, lo sfruttamento eccessivo della terra portò a nuove migrazioni. Oggi anche per questioni economiche intere popolazioni si nutrono solo di vegetali; ma le cose stanno cambiando e lo sviluppo economico porta anche a modificare le abitudini alimentari. Il consumo di carne diventa uno status symbol e questo avrà un impatto ambientale pazzesco, per esempio in Cina. Dovremmo pensare in termini di consumo. Per produrre un chilo di carne consumiamo una quantità di vegetali che potrebbero sfamare molte più persone. Il consumo dei vegetali per l’allevamento animale è uno spreco insostenibile. Vegetariani per necessità o per scelta, dunque?

Siamo più di 7 miliardi sul pianeta, tra pochi anni saremo 9 miliardi e ci servirà il 70 % in più di cibo e acqua rispetto a quanto riusciamo a produrre. Anche se abbiamo triplicato la produzione non riusciremo a sostenere la domanda di carne e questo è un problema. La scelta vegetariana è una scelta etica, dietetica e ambientale sostenibile. Abbiamo la terra in concessione e non possiamo sfruttarla e depredarla. Saremo tanti e tanto anziani. Il criterio da seguire è la morigeratezza”.