Jewish in the City #150. Dialogo fra la giornalista e il rabbino su etica e vita ebraica

Jewish in the City

di Daniela Cohen

di segni- caramore
Rav Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma, e Gabriella Caramore, giornalista di Radio 3 Rai, conduttrice della trasmissione “Uomini e profeti”

E’ domenica 29 maggio e a Milano la pioggia ha fatto danni, c’è pure acqua dentro alla Sinagoga centrale dove si svolgeranno diversi appuntamenti con il Festival ebraico della città giunto alla sua terza edizione e denominato Jewish in the City #150. Qui si è dovuto perfino arrotolare il tappeto rosso che attraversa un corridoio ma Rav Alfonso Arbib, rabbino capo della Comunità Ebraica di Milano, sale a introdurre l’evento che in molti sono comunque venuti a vedere: rav Riccardo Di Segni, rabbino capo della Comunità Ebraica di Roma parla e risponde alle domande postegli da Gabriella Cramore, saggista e autrice di ‘Uomini e Profeti’, con la collaborazione di Rai Radio 3. “Il profeta deve avere la forza di andare fino in fondo e anche se al buio non si riesce a distinguere cosa ci circonda” afferma sorridendo rav Arbib, volendo esprimere un concetto su come sia importante la luce, per comprendersi meglio. “L’incapacità di distinguere le idee che non producono discussione ma che si esprimono semplicemente, allora sì che c’è l buio. Bisogna invece provare a farsi domande e a trovare le risposte”. Infatti il popolo ebraico sembra propenso a seguire questo consiglio.

Gabriella Caramore prende la parola e inizia ringraziando per aver “trovato disponibilità di dialogo, risposte a un confronto non formale. Voglio evitare un dialogo formale, ce n’è fin troppi” asserisce, includendo nei ringraziamenti tutti i promotori del Festival e rav Di Segni in particolare. “Cosa sta vivendo la Comunità Ebraica in questo momento, qual è il problema oggi per una Comunità così antica e ancorata alle proprie radici?”. Rav Di Segni prende la parola per ringraziare a sua volta rav Arbib. “La domanda di Gabriella è molto complessa oggigiorno” afferma, “ma parlando di problemi il numero uno è l’assestamento del gruppo ebraico italiano che si sta contraendo dal punto di vista numerico. Le grandi città resistono, le piccole soffrono. D’altra parte c’è una risposta culturale molto vivace e poi, leggendo giornali e notizie, i drammi delle morti nel Mediterraneo che mostra il cambiamento dell’Europa. Cambierà tutto com schemi noi temiamo di grande intolleranza”. Rav Di Segni ha catturato l’attenzione del suo pubblico, numeroso e attendo. “La grande pace durata 70 anni temiamo stia finendo”.

Dopo questa affermazione sconvolgente, Gabriella Caramore prosegue: “Il richiamo a un ritorno alle tradizioni da parte dei rabbini è utile in un tempo in cui società, matrimonio, scuole, precetti faticano ad essere considerati importanti come un tempo? Lei considera che ci voglia rigore o modernità in un mondo fluido come il nostro?”. Sorridendo, rav Di Segni risponde: “Il problema della modernità esiste da quando è stata data la parità dei diritti, giuridico se non sociale. Impressionante è stato l’abbandono delle tradizioni già da una generazione coi matrimoni misti” e qui il riferimento indica coppie tra ebrei e non ebrei. “A Roma il periodo più basso c’è stato intorno agli anni ’70 e ora non si conta neppure più, non c’è neanche più il matrimonio, le unioni sono cambiate… noi non abbiamo capito perché, noi rabbini, che esiste una forte tendenza al ritorno alle tradizioni, con un moltiplicarsi di sinagoghe nelle periferie” e qui rav Di Segni si dilunga a spiegare che Roma è molto vasta e gli ebrei che vivono nelle periferie e vogliono rispettare il divieto di usare l’automobile di sabato hanno finito col farsi un tempio vicino a casa. “L’hanno voluto e l’hanno fatto, ma sta cambiando un territorio sociale e prende piede una globalizzazione fra il mondo moderno e la necessità di integrarsi. Aprendosi all’esterno questo è avvenuto”.

Chiede la Caramore: “E nelle vostre scuole, tra l’altro molto ambite per l’alto livello culturale che assicurano agli studenti anche non ebrei che le frequentano di trovarsi più competitivi di altri?”. “Da noi l’attrazione per il web è dovuto al fatto che è un poderoso strumento per lo studio” risponde rav Di Segni, “anche per temi ebraici, sebbene alcuni lo considerino alla stregua del diavolo. Milano, Rima, Torino e Trieste ad esempio hanno scuole che includono, come ad esempio a Torino, la Comunità Valdese che vuole evitare di far frequentare ai propri figli le scuole cattoliche. Vede, a Roma c’è un’unica scuola ebraica con molte tendenze diverse, a Milano ce ne sono tre con differenti modelli”. A questo punto la scrittrice Caramore chiede al rabbino capo di Roma una sua opinione sulla misericordia, che il Papa cerca di portare avanti come messaggio fondante e quale contributo offra al mondo la comunità ebraica. “Dal dopoguerra a oggi” risponde rav Di Segni, “il nostro contributo è stato dato sull’antifascismo, su ogni forma di intolleranza, sulla Shoah. I collegamenti con la sinistra ha reso l’ebraismo italiano un simbolo, discutibile, usato da ex fascisti e altre questioni politiche discutibili. Vede, prima di allora c’erano stati ebrei sia fascisti sia antifascisti e oggi il nostro contributo consiste ancora in un contributo valoriale da dare alla collettività. E’ chiaro che ci sono valori giudeo-cristiani ma non sempre: questo può portare proprio a confusione e a poca chiarezza”.

“Non sentite una responsabilità? Cosa va valorizzato della tradizione?” Incalza la saggista. “Questo è sempre un oggetto di discussione” afferma rav Di Segni, “poiché molti vorrebbero portare all’esterno i valori dell’ebraismo, ma ci sono resistenze e perplessità, perché prima di raccontare le regole e il patrimonio culturale all’esterno ci dovrebbe essere un esempio di eticità”. Notando gli sguardi perplessi tra le persone che lo osservano con grande interesse e a cui il rabbino capo romano presta attenzione, arriva con una precisazione: “Io faccio parte del Comitato di Bioetica, ci sono professori, medici, scienziati, anche ginecologi, neonatologi, geriatri, farmacologi e il governo dovrebbe ispirasi a tutti loro per prendere decisioni anche legislative. Che ci fa un rappresentante di fede ebraica? La nostra posizione non è né cattolica né laica ma può portare diversità, mediazione e l’etica ebraica. Può portare complessità, come è accaduto con la ‘maternità surrogata’: i cattolici dicono che è ‘orribile’, i laici dicono ‘ma come vi permettete?’ mentre gli ebrei dicono ‘Stiamo dentro al problema per portare ricchezza all’argomento grazie alla complessità’. Però l’accettazione vera e propria deve venire dalla società e, oltre al livello dello Stato, c’è il livello individuale, per cui si stabilisce che una madre è ebrea a livello di ovulo oppure per gestazione”.

Di colpo questo argomento sovrasta ogni altro e si vuole saperne di più. “Ci sono rabbini per il sì, altri per il no” risponde calmo rav Di Segni. “Nell’ambito ebraico nessuno decide da solo, c’è sempre qualcuno che ti aiuta nella scelta”. Gabriella Caramore sembra voler virare l’argomento sulla politica e chiede: “E il legame con la terra d’Israele così forte da non permettere critiche ai governi se no vi viene tacciati di antisemismo? Perché è un intralcio, la questione?”. La risposta è precisa: “Se si parla di diversità ebraica, il legame con quella terra può essere imprescindibile, forte o nullo ma tutti sanno del legame con quella terra” spiega rav Di Segni. “Il che non corrisponde ai governi e alla politica per cui si può criticare qualsiasi governo, ma c’è una sorta di diffidenza…”. La Caramore fa pressing: “Ma c’è suscettibilità forte, si avverte e siccome ci si aspetta di più dagli ebrei…”Noi siamo autocritici, non c’è dubbio e c’è un grande dibattito tra di noi” spiega Di Segni. La domanda seguente è: “Dialogo interreligioso: cristiani-ebrei. Quali sono gli elementi di perplessità?”. “Sono stati fatti enormi progressi in questi ultimi 50 anni ma certi nodi non si sono sciolti” risponde il rav, “eppure questo è un grandissimo risultato rispetto a un tragico passato. Quando è venuto da noi Papa Francesco c’era un clima cordiale ma il suo testo è stato un contraddire tutto quanto io avevo espresso in precedenza per iscritto. Però i buoni rapporti, il buon vicinato sono un grande risultato della storia”.

Gabriella Caramore domanda: “E’ vero che non gli ha garantito la Misericordia?”. Rav Di Segni risponde con precisione: “Con ordine: il Papa ha voluto un Giubileo della Misericordia. Nella nostra visione la misericordia va SEMPRE abbinata alla giustizia e viceversa. Devono essere abbinate e quindi suscitano perplessità i riferimenti continui alla Misericordia. Però, a differenza di altri tempi, gli studiosi cattolici hanno ammesso di aver estratto molto dall’ebraismo: cosa buona, un tempo non era riconosciuto”. Gabriella insiste e conclude: “Ma Bergoglio però parla molto dei più deboli, dei poveri, della giustizia. Forse per lei il binomio non c’è. E l’Islam?”. Senza reagire all’implicito commento, Rav Di Segni risponde sorridendo: “Il mondo musulmano è una galassia in cui convivono tutti gli atteggiamenti possibili immaginabili. La difficoltà in Italia è trovare interlocutori affidabili poiché associazioni estremiste hanno finanziato gruppi che lasciano perplessi. Si devono trovare organizzazioni o confederazioni musulmane che si riconoscano nelle leggi dello Stato. Questo è il problema: trovare l’interlocutore corretto”. Qui finisce la lunga discussione che ha toccato temi anche scottanti ma che ha dato risposte a tutti.