di Daniela Cohen
Al termine della prima giornata di Jewish in the City, la serata si conclude al Teatro Franco Parenti dove viene offerta una serata unica: la visione di Mi-Jew 150, un breve documentario di Ruggero Gabbai sulla Comunità Ebraica di Milano, un discorso di Rav Roberto Della Rocca di ispirazione e introduzione a uno spettacolo molto speciale, dedicato a un testo dell’Ecclesiaste: Qohélet, declamato da un attore italiano che si trovava per lavoro in Francia ma ha accettato di tornare per questa occasione speciale, Elia Schilton. È stato accompagnato da un musicista e da un piccolo corpo di ballo composto da tre ragazzi e una ragazza il cui compito ha sottolineato le parole e dato loro enfasi e corpo.
Il risultato è stato magnifico, l’introduzione di Andrée Ruth Shammah ha commosso, nel ricordo di una interpretazione simile condotta nel 1982 dal grande poeta e drammaturgo Guido Ceronetti.
Il testo del nostro personaggio risale al III secolo dell’era volgare ma, nonostante abbia così tanti secoli di vita, ci parla con la voce di un uomo che potrebbe anche vivere oggi, un saggio, un uomo di potere come un Re o come un Principe, che descrive i suoi tormenti con pensieri che riflettono l’idea della vita e della morte. Oltre alla bravura del protagonista, va risaltata l’eccellenza del musicista Anton Dressler che ha suonato il clarinetto accompagnato da live electronics mentre i giovani danzatori, Donato Demita, Liber Dorizzi, Anna Kolesarova e Filippo Porto hanno incantato il folto pubblico che ha restituito il piacere dello visione con moltissimi, lunghi ed entusiasti applausi.
Il discorso di Rav Della Rocca alla presentazione di Qohélet, la prima sera di Jewish in the City #150_2016
Con la sua voce appena tremula ma rinforzata dal microfono, l’ottimo Rav Roberto Della Rocca introduce lo spettacolo teatrale. Le parole del Rav sul tema dell’anno, ovvero il racconto della Comunità Ebraica di Milano esistente da 150 anni e sullo spettacolo che presenta così:
“Ringrazio Andrée Ruth Shammah per il suo incoraggiamento a questa iniziativa. Comunità è un termine ambiguo. Il dizionario dice ‘gruppo di persone con stesse origini, idee, stili di vita’ ma già le origini, per noi molteplici, ci creano problemi. Un dizionario britannico per ‘comunità’ di significati ne trova 24, diciamo che il senso più interessante è di persone legate da un forte sentimento di partecipazione e dalla complementarietà. Ciascuno possiede qualcosa di unico, sconosciuto agli altri, un colore speciale da aggiungere agli altri. Non a caso, la parola ebraica AM, che significa ‘popolo’ si può anche leggere IM, che significa ‘compagno’. Come se una Comunità fosse una sfida a stare assieme con persone diverse da noi! Significa essere eredi di un patrimonio che viene prima di noi, che risulta utile e rimane al servizio di tutti anche nel tempo. Diventa Ebraica quando la cultura, non come ‘ebreo’ ma come ‘ebraica’, ci rappresenta.
“Il timore per la sopravvivenza di Israele e degli israeliani, il terrorismo mondiale, sono molte le paure di oggi. Anche se molti vorrebbero essere conservatori, emerge la consapevolezza che stare fermi è impossibile. Oggi abbiamo l’opzione della libertà che in passato era solo un sogno, quando la vita era molto più dura. Conviviamo con altri senza rinunciare alla nostra specificità. Nel Sinedrio, 71 persone si incontravano in un luogo preparato perché tutti sedessero a semicerchio: era insomma come un anfiteatro, si guardavano sempre tutti in faccia, mai di spalle. Al massimo di profilo, ma ognuno poteva parlare guardare negli occhi gli altri, pretendendo attenzione e rispetto, anche durante le discussioni.
“Qohélet è l’appellativo di un re, il più saggio, Re Salomone ma nell’Ecclesiaste (uno dei brevi rotoli del Tanak dal nome greco che fu tradotto in ebraico come ohélet, nome forse dell’autore o significato traducibile, n.d.r.), è un libro del terzo secolo dell’era volgare. Qohélet è colui che raduna, che fa assemblea. Riflette a voce altra del senso della vita attraverso idee contraddittorie, sapendo che non potrà mai raggiungere la conoscenza assoluta. ‘Ogni cosa ha la sua durata, il suo momento per esistere’, ma come cogliere quel è questo momento? Una bellissima parabola spiega il Qohélet: ‘Se tu stai impiantando un albero e vedi il Messia, finisci prima di piantare l’albero poi raggiungi il Messia’.”.
Nonostante la pioggia battente in città e la sera fresca e umida, il teatro Parenti è quasi esaurito, pieno di gente che applaude entusiasta.