Appunti di Parashà a cura di Lidia Calò
Esistono due parole bibliche per libertà. Una è chofshi/chofesh, חופש חופשי utilizzata con il precetto della libertà degli schiavi (come è scritto in Esodo 21, 2). Questa stessa parola è usata nell’inno nazionale di Israele, Hatikva, che cita “i duemila anni di speranza di essere un popolo libero (עם חופשי בארצנו) nella nostra terra”.
L’altra parola è dror, דרור che viene usata nel contesto dell’anno del Giubileo, parola anche scolpita nella Campana della Libertà a Filadelfia: “Proclamate la libertà (dror דרור) in tutto il paese per tutti gli abitanti.” (Levitico. 25,10), che si trova esattamente nella parashà di Behar Sinai.
Il Dror è la libertà di movimento, di commercio, una libertà che ben si adatta ad una società che per la prima volta si affaccia alla vita collettiva in una nuova terra.
Ad ogni modo, perché abbiamo bisogno di più termini per la parola libertà? Dato che poi in ebraico abbiamo già due termini per lo stesso concetto perché ne abbiamo aggiunto anche un terzo? E perché proprio questa parola è stata scolpita? Per rispondere a questa domanda dobbiamo affrontare alcune questioni etimologiche.
Chofesh/Chofshi si riferisce al momento in cui uno schiavo ritorna libero quando esce dalla sua schiavitù. Significa che può fare ciò che vuole. Non esistono più comandi per lui. Il chofesh significa la libertà di fare ciò che si vuole. Si tratta del concetto che i filosofi chiamano libertà negativa. Significa assenza di divieti. Chofesh si adatta bene alla libertà individuale, ma non definisce la libertà collettiva.
Una società nella quale ognuno è libero di fare ciò che vuole non è una società libera. Probabilmente questo sarebbe il motivo per cui oggi gli stati falliscono: una società senza le regole della legge, senza un governo effettivo, una polizia onesta, tribunali indipendenti non può essere una società libera, quanto piuttosto una società senza valori. Una società libera ha bisogno di leggi.
Le persone credono che una società libera possa essere creata solo con le semplici elezioni democratiche e strutture politiche.
La visione ebraica è che la libertà è nata nelle scuole e nelle case di studio, nel bet midrash.
La libertà più profonda è stata scoperta dalle persone che, più di ogni altre, hanno dedicato la loro vita allo studio, comprendendo il meccanismo interno della legge.
Chi è il popolo ebraico? Una nazione di uomini di Legge, di Torà. Perché? Perché solo quando i valori sono scolpiti nelle nostre anime noi raggiungiamo una libertà collettiva senza sacrificare quella individuale. L’ebraismo intende la libertà non in forma passiva e negativa, come assenza di oppressione, bensì come una vita attiva e positiva basata su valori morali e religiosi dell’individuo e della stessa società. Questa è cherut, il più grande contributo all’idea ed alla pratica della libertà.
Perché in ebraico חרות libertà e אחריות responsabilità sono legate insieme e nessuno è veramente libero quando non si interessa agli altri.
Di Rav Pinchas Punturello
(Foto: Yoram Raanan, On the way to Har Sinai)