Appunti di Parashà a cura di Lidia Calò
Tipico atteggiamento di un certo mondo ebraico è la ricerca dell’ychus (l’albero genealogico o la condizione sociale) prima di procedere all’eventuale scelta di un partner per la vita. In alcuni mondi in Israele come fuori di esso, le valutazioni di un compagno o di una compagna passano attraverso le origini della famiglia – sefardita, italiana, ashkenazita, curda, marocchina, laica o religiosa – e subito dopo o contemporaneamente si valutano le questioni economiche, le scelte culturali, le parentele eventuali o potenziali. Ovviamente porsi questo tipo di domande o di riflessioni non è per forza una espressione negativa o classista, ma rischia di diventare una ossessione elitaria quando si perdono di vista i valori ebraici che siamo chiamati a diffondere e costruire attraverso il matrimonio.
Rivka supera brillantemente la prova, non solo perché risponde ai canoni della preghiera di Eliezer, ma per il modo con il quale lo disseta e disseta anche i suoi cammelli. Educata, gentile, pronta e soprattutto attenta ai bisogni degli altri, Rivka è un esempio morale che supera le spine familiari che ha intorno e trascende i canoni dell’ychus o di ogni altra “esigenza” sociale. Se, infatti, i nostri padri avessero seguito i canoni sociali ed economici divenuti poi importanti per i figli, non avremmo avuto Rivka come una delle nostre madri e non avremmo avuto nel nostro albero genealogico reale e spirituale, i valori di accoglienza, di moralità, di amore e di compassione di quella giovane ragazza, cresciuta, come disse l’ultimo rebbe di Lubavitch, come una rosa in un roveto.