Parashat Devarim: l’intero libro è un’alleanza di dimensioni monumentali tra Dio e il suo popolo

Appunti di Parashà a cura di Lidia Calò
Mentre iniziamo la lettura del quinto e ultimo libro della Torà, vorrei discutere tre questioni.
In primo luogo, perché il libro di Devarim ha la struttura che ha: un misto di storia e legge, ricordo e anticipazione?
Primo: i Saggi sapevano che il libro di Devarim aveva una struttura chiara. In altre parti della Torà alcuni rabbini hanno utilizzato il principio della semichut haparshiyot, cioè possiamo imparare qualcosa dal fatto che il passaggio Y avviene immediatamente dopo il passaggio X. Altri invece non l’hanno inteso in questo senso perché esiste una regola, Ein Mukdam Umu’achar BaTorà, significa che la Torà non segue sempre una rigida sequenza cronologica. Quindi non possiamo sempre attribuire un significato al fatto che i passaggi siano nell’ordine in cui si trovano. Tuttavia, tutti concordano che nel libro di Devarim c’è un ordine e una struttura precisa. Ma qual è l’ordine?
Secondo: i Saggi originariamente chiamavano Devarim “Mishneh Torà”, che significa “seconda legge”. Da qui il nome latino “Deuteronomio”, che significa “seconda legge”. Ma in che senso Devarim è una seconda legge? Alcune delle leggi che Mosè enuncia nel libro sono già apparse in precedenza, altre no. È una ripetizione delle leggi ricevute da Mosè sul Sinai e nella Tenda dell’adunanza? È qualcosa di nuovo? Qual è il significato esatto di Mishneh Torà?
Terzo: cosa fa qui il libro? Rappresenta i discorsi che Mosè tenne nell’ultimo mese della sua vita alla generazione che avrebbe attraversato il Giordano e sarebbe entrata nella Terra Promessa. Perché è stato incluso nella Torà? Se la Torà è un libro di storia, allora avremmo dovuto procedere direttamente dalla fine di Bamidbar (l’arrivo degli israeliti sulle rive del fiume Giordano), fino al libro di Giosuè, quando attraversarono il fiume e iniziarono la conquista della terra. Se invece la Torà è un libro di legge, allora Devarim avrebbe dovuto essere solo una raccolta di leggi senza tutte le reminiscenze storiche e le profezie che contiene. Dunque che tipo di libro è Devarim e qual è il suo significato per la Torà nel suo complesso?
Alcune scoperte archeologiche relativamente recenti hanno gettato nuova luce su tutte queste domande. Si tratta delle registrazioni incise su antichi trattati tra potenze vicine. Tra questi, la “Stele degli avvoltoi” che commemora la vittoria di Eannatum, sovrano di Lagash nella Mesopotamia meridionale, sul popolo di Umma, e quella di Naram-Sin, re di Kish e Akkad, con il sovrano di Elam. Entrambi risalgono al terzo millennio AEV prima dell’epoca di Abramo.
I trattati sono di due tipi: tra parti di potenza approssimativamente uguali (“trattati di parità”) e quelli tra una potenza forte (precursore dell’idea moderna di superpotenza) e una debole. Questi ultimi sono noti come “trattati di sovranità”, dove per sovrano si intende la potenza dominante in una particolare regione.
Un altro nome per il trattato è, naturalmente, Brit o alleanza, e ora vediamo il suo significato per la comprensione dell’ebraismo. L’alleanza era la struttura di base dei trattati tra potenze vicine nell’antico Medio Oriente. Abramo, ad esempio, stipula un Brit con Avimelech, re di Gherar a Beersheva (Genesi 21:27-32). Lo stesso fece Isacco (Genesi 26:28). Giacobbe lo fece con Labano (Genesi 31:44-54).
Ciò che i trattati appena scoperti mostrano è la forma precisa delle antiche alleanze. Avevano sei parti. Iniziavano con un preambolo, che stabiliva l’identità della persona o del potere che dava inizio all’alleanza. Seguiva un prologo storico, che ripercorreva la storia delle relazioni tra le due parti del patto. Poi le disposizioni dell’alleanza stessa, le stipulazioni, spesso enunciate in due forme: [a] principi generali e [b] disposizioni dettagliate.
Seguiva una disposizione che prevede che l’alleanza fosse depositata in un luogo sacro e che venisse letta regolarmente. Seguono le sanzioni associate all’alleanza, ossia le benedizioni che ne derivano se viene rispettata e le maledizioni che si verificano se viene infranta. Infine c’è una dichiarazione dei testimoni dell’accordo – di solito le divinità delle nazioni coinvolte.
L’intero libro di Devarim è strutturato come un’alleanza estesa, proprio su queste linee. Ecco come funziona:
Preambolo: Annuncia il tempo e il luogo e stabilisce che la persona che inizia l’alleanza è Mosè, a nome di Dio (Devarim 1:1-1:5).
Prologo storico: Mosè ricapitola la storia che li ha portati al punto in cui si trovano, ricordando soprattutto gli eventi descritti nel libro di Bamidbar (Devarim 1:6-4:49).
Stipulazioni:
[a] disposizioni generali: Dieci comandamenti, Shema, ecc. Ricapitolazione degli eventi relativi alla stipula dell’alleanza al Sinai (Devarim cap. 5-11).
[b] disposizioni specifiche: i dettagli della legge, con particolare riferimento al modo in cui devono essere eseguiti dall’intero popolo nella terra d’Israele (Devarim cap. 12-26).
Deposizione e lettura regolare: La legge deve essere iscritta su una pietra (stele) sul Monte Ebal; la Torà scritta da Mosè e posta nell’Arca; deve essere letta pubblicamente in un’assemblea nazionale dal re ogni sette anni (Devarim 27:31).
Sanzioni – Le benedizioni e le maledizioni: Il capitolo 28 enuncia le benedizioni e le maledizioni; i capitoli 29-30 formano il vero e proprio rinnovo dell’alleanza, insieme alla dichiarazione che, anche se il popolo rompe l’alleanza e le maledizioni si avverano, il ritorno (teshuvah) è ancora possibile (Devarim 28-30).
Testimoni: “Cielo e terra” (Devarim 4:26, Devarim 30:19, Devarim 31:28, 32:1), “Questo canto” (Devarim 31:19).
In altre parole, a parte il canto di Mosè e la benedizione delle tribù – con cui si conclude il libro e la vita di Mosè – l’intero libro di Devarim è un’alleanza di dimensioni monumentali. Vediamo ora la natura straordinaria del libro. Ha preso un’antica formula politica e l’ha usata per uno scopo completamente nuovo.
La particolarità dell’alleanza nel giudaismo è che una delle parti è Dio stesso. Questo sarebbe stato incomprensibile per i vicini di Israele e rimane straordinario anche oggi. L’idea che Dio possa legarsi agli esseri umani, legando il loro destino al suo, rendendoli suoi ambasciatori – i suoi “testimoni” – nel mondo, è ancora radicale e stimolante.
In secondo luogo, l’altra parte dell’alleanza non è, come nel mondo antico, il re o il sovrano della nazione interessata, ma il popolo nel suo insieme. Ogni israelita, come abbiamo visto in Esodo 19 e 24 e in tutto il Deuteronomio, è parte dell’alleanza e corresponsabile con l’intero popolo del suo mantenimento.
Da qui nasce l’idea di Kol Yisrael arevin zeh lazeh, “tutti gli ebrei sono responsabili gli uni per gli altri”, così come l’idea americana molto più tardiva di “Noi, il popolo”. Questa trasformazione significava che ogni ebreo doveva conoscere la legge e insegnarla ai propri figli. Ogni ebreo doveva conoscere la storia del suo popolo, recitandola a Pesach e quando portava le primizie a Gerusalemme.
Questa è la politica dell’alleanza, una forma unica di struttura politica basata non su una gerarchia di potere, ma su un senso condiviso della storia e del destino. È una politica morale, dedicata alla creazione di una società giusta e benevola che onora la dignità di tutti, specialmente degli oppressi, dei poveri, degli impotenti e dei marginali: la vedova, l’orfano e lo straniero.
La struttura del libro è ora chiara. Segue esattamente la struttura di un antico trattato di sovranità tra una potenza forte, Dio, e una debole, gli israeliti. Dal punto di vista politico, tali trattati erano ben noti nel mondo antico, ma dal punto di vista religioso questo è unico. Significa infatti che Dio prese un’intera nazione come sua “partner nell’opera della creazione”, mostrando a tutta l’umanità cosa significhi costruire una società che onori ogni individuo come immagine di Dio.
Ora capiamo cosa significa Mishneh Torà. Significa che questo libro è una “copia” dell’alleanza tra Dio e il popolo, stipulata al Sinai, rinnovata sulla riva del Giordano e nuovamente rinnovata in momenti significativi della storia ebraica. È la registrazione scritta dell’accordo, proprio come una ketubah è una registrazione scritta degli obblighi assunti da un marito nei confronti della moglie.
Ora comprendiamo anche il posto di Devarim nella Tanach nel suo complesso. È l’asse su cui ruota tutta la storia ebraica. Se la generazione che lasciò l’Egitto avesse avuto la fede e il coraggio di entrare nella terra promessa, tutta la storia ebraica sarebbe ruotata sulla rivelazione al Sinai. In realtà, però, l’episodio delle spie ha dimostrato che a quella generazione mancava lo spirito per farlo.
Perciò il momento critico arrivò per la generazione successiva, quando Mosè, alla fine della sua vita, rinnovò l’alleanza con loro come condizione per l’eredità della terra. I quattro libri precedenti della Torà conducono a questo momento, e tutti gli altri libri del Tanach ne sono un commento – un resoconto di come si svolse nel corso del tempo.
Devarim è il libro dell’alleanza, il punto centrale della teologia ebraica e il progetto che definisce è unico, infatti non mira ad altro che alla costruzione di una società che moralizzi i suoi membri, ispiri gli altri e serva da modello di ciò che si potrebbe ottenere se l’umanità intera adorasse l’unico Dio che ci ha fatti tutti a Sua immagine e somiglianza.
Redazione rabbi Jonathan Sacks zzl
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