Appunti di Parashà a cura di Lidia Calò
La nostra Parashà è composta di due parti ben distinte: nella prima parte, Mosè, giunto al momento supremo in cui sta per lasciare la sua vita terrena, si rivolge per l’ultima volta al suo popolo, benedice le varie tribù e, attraverso un ben preciso esame delle loro qualità peculiari, vaticina il loro futuro. Infine, con affetto, quasi in contrapposizione con le predizioni delle sventure che sarebbero capitate al popolo se non avesse obbedito alla volontà del Signore, chiude con una visione radiosa del futuro di Israele: “Israele sarà sicuro nella sua dimora, la sorgente di Giacobbe sgorgherà solitaria in un paese di frumento e di mosto, e dove il cielo stilla rugiada. Te felice, o Israele!…” (33,28-29).
Ma non è la sua immagine terrena, fisica, quella che vive tra noi, in noi, bensì il ricordo del suo pensiero, del suo insegnamento, che era l’insegnamento di Dio. E il modo in cui noi possiamo rendere omaggio al nostro Maestro, non è quello di andare a piangere o a pregare sulla sua tomba, ma quello di mettere in pratica i suoi insegnamenti.
Di Elia Kopciowski