Appunti di Parashà a cura di Lidia Calò
Quando si arriva alla parashà di Naso, la più lunga fra tutte, indubbiamente la nostra attenzione viene catalizzata dalla presenza dalla formula della benedizione dei Cohanim, della Birkat Cohanim. Nei versetti che sono in Numeri 6,23-26: “Parla ad Aron ed ai suoi figli dicendo: Voi benedirete così i benè Israel, direte loro: “ Ti benedica il Signore e ti protegga. Il Signore faccia brillare il suo volto su di te e ti sia propizio. Il Signore rivolga su di te il suo volto e ti conceda pace. Così porranno il mio nome sugli Israeliti e io li benedirò”.
Lo Zohar afferma che: “La capacità del risveglio per ricevere la benedizione influenza la Volontà Eccelsa di concedere la benedizione.” Come a dire che i Cohanim ed il rito da loro messo in atto risveglia la capacità degli ebrei di predisporsi a ricevere la benedizione e la Volontà Eccelsa di donare la benedizione stessa. Il rito sacerdotale pone in connessione una potenziale capacità di ricevere con la Volontà di concedere. Per questo motivo secondo il Maghen Avraham 128,18 e la Mishnà Brurà 128, 37 un Cohen che non ama la propria comunità o non è amato dalla propria comunità non può mettere in atto la cerimonia perché non è un luogo che connette amore proprio e proprio dovere di essere un mezzo per benedire con l’amore di Dio per il popolo ebraico ed il popolo ebraico che riceve la benedizione in nome dell’amore. Comprendiamo quindi che il Cohen è un mezzo di amore tra Cielo e terra, quindi espressione dell’amore verso l’alto, con l’amore sociale, quello verso il basso. Proprio perché il Cohen è un mezzo e non uno sciamano o un mago Rav Hirsch sottolinea il fatto che lui non ha una forza magica che gli derivi dal suo status o dall’uso che egli fa delle parole della Torà. La visione, la partecipazione stessa del Cohen che benedice è essa stessa parte della benedizione ed è questa partecipazione con amore che rende la birkat cohanim una vera benedizione. E’ fondamentale comprendere che il Cohen è si un mezzo che connette cielo e terra, ma è anche un luogo di incontro come abbiamo detto e per incontrarsi con l’altro lo deve “vedere”: ecco quindi che il Talmud Bavli Sotà 38 a insegna: “ Dirai a loro, insegnano i maestri, così benedirete, faccia a faccia, ma non faccia contro cervice. Insegna il Talmud: come un uomo che parla al suo prossimo”. Ed allora chiudiamo questa riflessione capendo che il Cohen che ci benedici usa parole di Torà per farlo e deve essere come un uomo che parla ad un altro uomo e come Dio quando a parlato al primo uomo: viso a viso.