Appunti di Parashà a cura di Lidia Calò
La Torah nella Parashat Shelach racconta che il fedele discepolo di Moshe, Yehoshua, era stato precedentemente chiamato “Hoshei’a”, ma Moshe lo rinominó “Yehoshua” prima di inviarlo come uno dei dodici esploratori incaricati di esplorare la Terra di Israele (13:16).
Rashi cita notoriamente il commento della Gemara in Masekhet Sota (34b) che il nome “Yehoshua” significa “Ya-h yoshi’akha” – “Dio ti salverà”. Moshe chiamó il suo discepolo “Yehoshua” come una preghiera per proteggerlo dalla pressione degli altri esploratori, che progettarono di allertare la nazione per respingere Eretz Yisrael.
Questa interpretazione appare anche nella traduzione del Targum Yonatan ben Uziel, dove è scritto che Moshe “vide l’umiltà di Yehoshua” e quindi pregò per lui. Ciò sembra significare che l’eccezionale umiltà di Yehoshua ha fatto temere a Moshe che potesse cadere in preda all’influenza dei suoi compagni esploratori, e così lui pregó per i suoi studenti.
Tuttavia, una spiegazione molto diversa dai commenti del Targum Yonatan è suggerita da Rav Shaul Yedidya di Modzitz, nella sua Yisa Berakha. Suggerisce che Moshe non ha pregato perché temeva che l’umiltà di Yehoshua lo rendesse suscettibile all’influenza dei suoi compagni esploratori, ma al contrario, perché si sentiva sicuro che l’umiltà di Yehoshua gli avrebbe permesso di resistere davanti alle altre spie. La preghiera di Moshe, era un’espressione di fiducia nel suo discepolo, non una preghiera evocata dalla preoccupazione.
Lo Yisa Berakha spiega il concetto facendo un confronto (Midrash Bamidbar Rabba 16:7) tra il rapporto del Benei Yisrael con la Terra di Israele e il rapporto tra uno sposo e una sposa. L’importanza dell’umiltà nel processo di scelta di un partner matrimoniale è indicata dalla Gemara in Masekhet Yevamot (63a) che consiglia: “Nachit darga ve-nasiv iteta” – “Scendi di livello e sposa una donna”.
La semplice spiegazione di questo insegnamento, come scrive Rashi, è che si dovrebbe preferibilmente sposare qualcuno su uno strato socioeconomico inferiore rispetto al proprio, perché altrimenti il suo coniuge potrebbe probabilmente guardarlo con mancanza di rispetto. Più in generale, tuttavia, questo proverbio è stato inteso nel senso che per trovare un compagno, bisogna umiliarsi. Se una persona insiste sul fatto che occupa un certo “livello” e si vede superiore agli altri, sarà molto difficile per lui sentirsi pienamente contento del coniuge. Il coniuge, inevitabilmente, lo deluderà in qualche modo, non riuscendo a soddisfare gli standard del suo “livello” che sostiene di occupare, e quindi è improbabile che si senta soddisfatto della sua scelta.
Lo Yisa Berakha ha suggerito che questa era almeno una parte della ragione del rifiuto di Benei Yisrael nei confronti della Terra di Israele. Sentivano di meritare di meglio. Sentivano che la terra era sotto di loro. Attribuisce questo sentimento alle esperienze della gente in Egitto, il paese più forte e più sviluppato in quel momento. Eretz Yisrael sembrava loro inferiore, al di sotto delle loro norme, e questo, è ciò che li ha portati a respingere la terra dove la nostra nazione era ed è destinata a stabilirsi.
Per questo motivo, scrive Yisa Berakha, Moshe ha espresso la sua fiducia nel fatto che Yehoshua, un individuo particolarmente umile, non sarebbe stato attirato a partecipare al piano dei suoi compagni esploratori. Nella sua umiltà, Yehoshua non si identificava in modo rigido e arrogante con un particolare “rango”, e quindi era pronto a “sposarsi” e ad abbracciare completamente la terra destinata ad Am Yisrael, senza sentire che meritava qualcosa di meglio.
L’arroganza può renderci rigidi e irremovibili, rifiutando di accettare anche il perfettamente accettabile, perché sentiremo sempre che meritiamo di meglio. Lo Yisa Berakha avverte che questo tipo di snobismo può farci sprecare molti doni preziosi a nostra disposizione, come un potenziale partner matrimoniale o persino la nostra bellissima e sacra patria. Siamo esortati, “Nachit darga” – ad abbassare il nostro ego, a essere onesti su chi siamo e realistici con le nostre aspettative, in modo da poter godere di felicità, appagamento e soddisfazione.
Di Rav David Silverberg