Appunti di Parashà a cura di Lidia Calò
“Questa è la discendenza di Isacco, figlio di Abramo. Abramo aveva generato Isacco.” Genesi 25,19.
Se leggiamo con attenzione questo versetto ci rendiamo conto che esso ci presenta un problema interpretativo. Perché il verso afferma che Isacco era figlio di Abramo e ripete che Abramo ha generato Isacco? E’ ovvio che se Tizio è figlio di Caio, Caio è stato generato da Tizio.
Il commentatore Sforno, grande maestro italiano del Rinascimento, afferma che il verso ripete il fatto che Abramo abbia generato Isacco, perché Itzhak è il vero discendente di Abraham, nel senso che solo in lui si completa la promessa fatta da Dio ad Abraham rispetto alla sua discendenza futura.
Ibn Ezra, il maestro spagnolo del 11° secolo, sceglie invece una strada interpretativa più interessante dal punto di vista pedagogico ed educativo. Secondo questa visione il senso del verbo “generare” va cercato nel fatto che Abraham ha cresciuto Itzhak. Mentre per Ismaele è scritto che egli è “figlio di Abraham partorito a lui da Hagar l’egiziana”, per Isacco nascita e legame con il padre Abraham non passano per la madre, quasi come se rispetto all’educazione di quest’ultimo l’elemento paterno sia quello fondamentale e formativo.
Al di là dell’influenza egiziana della madre Hagar su Ismaele, dovremmo chiederci in cosa si differenzia il legame tra padre e figlio e madre e figlio nella interpretazione ebraica.
Secondo rav Soloveitchik zzl, partendo da un suo scritto all’interno di una raccolta di saggi chiamata “Pirkè Avot and Jewish Ethics”, il legame tra madre e figlio si rispecchia in una relazione di protezione ed assistenza: durante la prima infanzia la madre è per il bambino una presenza necessaria senza il cui amore egli non potrebbe vivere.
Secondo questa interpretazione lo stesso legame tra uomo e Dio ci appare come relazione maternale, lì dove noi dipendiamo dalle Sue cure e siamo a Lui legati come una madre con il proprio figlio.
“Come una madre consola un figlio, così io vi consolerò”, così conclude il Rav l’esposizione di questa sua idea citando il profeta Isaia 66,13.
Il rapporto tra figlio e padre affonda invece in una dimensione totalmente differente.
Ciò che tiene legato il bambino al padre è la necessità della scoperta delle proprie origini, la fonte, la causa della propria esistenza, l’urgente bisogno di cercare le proprie radici ed i propri ormeggi, “la paura di essere inseguito senza senso come una foglia secca guidata dal vento in una notte scura di Novembre” secondo le stesse parole del Rav.
Il legame con il padre passa per la propria esistenza, passa per la comprensione della consapevolezza di appartenere ad un luogo, un luogo preciso nell’infinita serie di luoghi che circondano la nostra esistenza. L’amore per il padre esprime la nostra connessione con ciò che ci appartiene perché è parte di ciò che siamo, in quella linea di continuità che è il rapporto tra padre e figlio.
In questo senso riusciamo a capire meglio l’insegnamento di Sforno quando afferma che solo Itzhak è il reale discendente di Abraham, nel senso che solo Itzhak è cresciuto nella consapevolezza del legame con suo padre e del luogo di appartenenza alla discendenza di Abraham, sia fisicamente che spiritualmente.
Di Rav Pinhas Punturello
(Foto: Josè de Ribera, “Isacco benedice Giacobbe”, 1637)