Ancora oggi la politica americana si basa sull’idea biblica di alleanza. I presidenti americani invocano quasi sempre questa idea nei loro discorsi inaugurali, con un linguaggio che deve le sue cadenze e i suoi concetti al libro di Devarim.
Così, ad esempio, nel 1985 Ronald Reagan parlò dell’America come di “un popolo sotto Dio, dedicato al sogno di libertà che Egli ha posto nel cuore dell’uomo, chiamato ora a trasmettere quel sogno a un mondo in attesa e speranzoso”.
George W. Bush nel 2001 disse: “Siamo guidati da un potere più grande di noi che ci ha creati uguali a Sua immagine”. Nel 2005, all’inizio del suo secondo mandato presidenziale, dichiarò: “Dal giorno della nostra fondazione, abbiamo proclamato che ogni uomo e ogni donna su questa terra hanno diritti, dignità e un valore incomparabile, perché portano l’immagine del Creatore del cielo e della terra”.
Come è successo? È iniziato con l’invenzione della stampa da parte di Johannes Gutenbergin Mainzin nel 1439, seguita in Inghilterra nel 1476 da William Caxton. I libri divennero meno costosi e più accessibili. L’alfabetizzazione si diffuse. Poi, nel 1517, arrivò la Riforma, con la sua enfasi sull’individuo piuttosto che sulla Chiesa e sulla sola Scriptura, l’autorità della “sola Scrittura”.
Poi è arrivata la traduzione della Bibbia in volgare. Tendiamo a dimenticare che la Bibbia ebraica è un’opera sovversiva. Non è un libro che predica la sottomissione. Parla di profeti che non temono di sfidare i re e di Saul che perse il suo trono perché disobbedì alla parola di Dio. Quindi le autorità avevano buone ragioni per non rendere disponibile la Bibbia in una lingua comprensibile alla gente. Nel XVI secolo era vietato tradurla in volgare. Nel 1530 apparve la grande traduzione di Tyndale (è stato un riformatore religioso del XVI secolo e uno studioso che tradusse la Bibbia nell’inglese dei suoi giorni). Tyndale pagò con la vita: fu arrestato, dichiarato colpevole di eresia, strangolato e bruciato sul rogo nel 1536.
Tuttavia, come hanno scoperto le tirannie contemporanee, è difficile fermare la diffusione delle informazioni resa possibile dalle nuove tecnologie. Le Bibbie inglesi continuarono a essere stampate e vendute in gran numero, in particolare la traduzione di Ginevra del 1560 che fu letta da Shakespeare, Cromwell, Milton e John Donne, oltre che dai primi coloni inglesi d’America.
La Bibbia di Ginevra conteneva un commento a margine. I suoi commenti erano brevi ma a volte esplosivi. Questo vale in particolare per la storia delle levatrici ebree, Shifra e Puah (Esodo capitolo 1) – il primo caso registrato di disobbedienza civile, il rifiuto di obbedire a un ordine immorale. Il Faraone aveva ordinato loro di uccidere tutti i bambini maschi israeliti, ma loro non lo fecero. Commentando questo fatto, la Bibbia di Ginevra dice che “la loro disobbedienza in questo era lecita”. Quando poi il faraone ordina agli egiziani di annegare i bambini maschi israeliti, la Bibbia di Ginevra commenta: “Quando i tiranni non riescono a prevalere con l’inganno, scoppiano in aperta collera”. Questa non era altro che una giustificazione per la ribellione contro un re tirannico e ingiusto.
Le Bibbie di Tyndale e di Ginevra diedero vita a un gruppo di pensatori noti come Ebraisti Cristiani, tra i quali il più famoso – è stato definito il Rabbino Capo dell’Inghilterra rinascimentale – fu John Selden (1584-1654). Selden e i suoi contemporanei studiarono non solo il Tanach, ma anche il Talmud babilonese, in particolare il trattato Sanhedrin, e il Mishnè Torà di Maimonide, e applicarono i principi giudaici alla politica del loro tempo.
Il loro lavoro è stato descritto in un recente studio, The Hebrew Republic, del filosofo politico di Harvard Eric Nelson. Il quale sostiene che la Bibbia ebraica ha influenzato la politica europea e americana in tre modi. In primo luogo, gli ebrei cristiani tendevano a essere repubblicani piuttosto che realisti. Essi sostenevano l’opinione – sostenuta nel giudaismo da Abarbanel – che la nomina di un re in Israele ai tempi di Samuele fosse un peccato (tollerato) piuttosto che l’adempimento di una mitzvah.
In secondo luogo, hanno posto al centro della loro politica l’idea che uno dei compiti del governo sia quello di ridistribuire la ricchezza dai ricchi ai poveri, un’idea estranea al diritto romano.
In terzo luogo, utilizzarono la Bibbia ebraica – in particolare la separazione dei poteri tra il re e il Sommo Sacerdote – per sostenere il principio della tolleranza religiosa.
Fu questo storico incontro tra i cristiani e la Bibbia ebraica nel XVII secolo che portò alla nascita della libertà sia in Inghilterra che in America. I calvinisti e i puritani che guidarono le rivoluzioni inglesi e americane erano saturi della politica della Bibbia ebraica, in particolare del libro di Devarim.
In effetti, il mondo moderno offre quanto di più vicino la storia possa offrire a un esperimento controllato di libertà. Delle quattro rivoluzioni che hanno segnato la modernità, due, quella inglese (1640) e quella americana (1776), erano basate sulla Bibbia ebraica, e due, quella francese e quella russa, erano basate sulla filosofia secolare, rispettivamente di Rousseau e di Marx. Le prime due hanno portato alla libertà. Le seconde due si sono concluse con la soppressione della libertà: in Francia con il Regno del Terrore (1793-94), in Russia con il comunismo stalinista.
Apprezzando il contributo della Bibbia ebraica alla libertà, John Adams, secondo presidente degli Stati Uniti, scrisse: “Insisterò sul fatto che gli Ebrei hanno fatto di più per civilizzare gli uomini di qualsiasi altra nazione. Se fossi ateo e credessi in un cieco destino eterno, continuerei a credere che il destino ha ordinato agli ebrei di essere lo strumento più essenziale per civilizzare le nazioni”. Lettera di John Adams a François Adriaan van der Kemp (16 febbraio 1809)
L’ironia è, ovviamente, che non c’è nulla di simile nel discorso politico dello Stato di Israele contemporaneo. La politica di Israele è laica nel linguaggio e nelle idee. I suoi fondatori erano animati da alti ideali, ma dovevano più a Marx, Tolstoj o Nietzsche che a Mosè. Nel frattempo, la religione in Israele rimane settaria piuttosto che fondante per la società.
Certo, c’è chi si rende pienamente conto del significato del Sefer Devarim e della politica dell’alleanza per lo Stato attuale. Il pioniere è stato il defunto professor Daniel Elazar, che ha dedicato una vita intera alla riabilitazione della teoria politica giudaica. Il suo lavoro è continuato oggi, tra gli altri, dagli studiosi del Centro Shalem.
L’importanza di questo aspetto non sarà mai sottolineata a sufficienza. Ogni volta che in passato gli ebrei hanno perso la loro visione religiosa, o quando la religione è diventata una forza di divisione anziché di unione, alla fine hanno perso anche la loro sovranità. In quattromila anni di storia non c’è mai stata, né in Israele né fuori, una sopravvivenza secolare degli ebrei.
È ironico che la cultura politica degli Stati Uniti sia più ebraica di quella dello Stato ebraico. Ma Mosè aveva avvertito che sarebbe stato così. Osservate attentamente le leggi della Torà, disse Mosè, “perché questa è la vostra saggezza e comprensione agli occhi delle nazioni”. Mosè sapeva che i gentili avrebbero visto ciò che gli ebrei a volte non vedono: la saggezza della legge di Dio quando si tratta di sostenere una società libera.
La politica israeliana deve recuperare la visione della giustizia sociale, della compassione, della dignità umana e dell’amore per lo straniero, enunciata da Mosè e mai superata nei secoli successivi.
Redazione Rabbi Jonathan Sacks zzl
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