Devar Torà / L’umiltà di Mosè.

Parole di Torah

di Ufficio Rabbinico di Milano

24  Marzo 2012 – 1 Nissàn 5772

Devar Torà
“L’Eterno chiamò Mosè…” (Vayikrà 1, 1). La parola “vayikrà” con cui comincia la parashà è scritta con una alef più piccola rispetto alle altre lettere. Secondo Rabbènu Yakov ben Ashèr, conosciuto come Bal Haturim, Mosè desiderava che la parola “vayikrà” fosse scritta nello stesso modo con cui il Signore si espresse nei riguardi di Bilàm, cioè senza la alef finale (“vayiker”) (Bemidbàr 23, 4): questa espressione indica una rivelazione casuale. Moshè pensa che anche questa rivelazione in questa parashà sia casuale, egli infatti non ritiene di essere degno di un’attenzione particolare da parte di Dio. Il Signore invece fa aggiungere la alef alla parola, per indicare che non si tratta affatto di una rivelazione casuale e che il rapporto con Moshè è ben diverso da quello con Bilàm. La alef è però scritta più piccola per ricordare l’umiltà di Mosè.
Halakhà
Vi è l’uso di leggere nel mese di Nissàn il brano della Torà che tratta dell’inaugurazione del Tabernacolo e dei sacrifici portati dai principi delle tribù dal capo mese di Nissan fino al 12 giorno di esso. Questo perché il Tabernacolo fu inaugurato proprio il primo di Nissàn. Chi vede nel mese di Nissàn degli alberi in fiore deve recitare la Birkàt Hailanòt (la benedizione sugli alberi). Questa benedizione si può recitare una sola volta all’anno e si deve recitarla durante il mese di Nissan. Se la si è recitata prima (in Adàr) si è comunque usciti d’obbligo, se non si è avuta l’occasione di recitarla in tale mese la si potrà recitare comunque fino al mese di Iyàr. Questa va recitata davanti a due alberi da frutta commestibile in fiore, anche se questi sono della stessa specie. Anche le donne devono adempiere a tale precetto ed è bene educare fin da piccoli anche i bambini al compimento di tale mitzvà.