di Daniele Cohenca
Il nome della parashà: Korach
La parte di Torà che leggiamo questa settimana, porta il nome di un personaggio di cui si narrano le “oscure” vicende: Korach. Egli era cugino di Mosè e fu il promotore della prima rivolta politica e sociale di cui si abbia notizia. Korach mette in dubbio la supremazia di Mosè e di Aronne, raduna un folto numero di persone e mette in atto una vera e propria ribellione. La vicenda si conclude amaramente: Korach e i suoi adepti vengono letteralmente ingoiati dalla terra.
Korach: un malvagio?
Il Talmud dice che non si deve pronunciare il nome del malvagio e che non si devono chiamare i propri figli con nomi di persone malvagie; ora, se da un lato pare ovvio che a pochi verrebbe in mente di chiamare il proprio figlio Faraone, Amalek o altro… per quale motivo la Torà nomina ripetutamente Korach, gli dedica un’intera sezione e i Maestri attribuiscono il nome di Korach a tutta la Sidrà?
Un noto proverbio recita: “a strada per l’inferno è pavimentata con le buone intenzioni”. Anche Korach, l’unica persona che abbia raggiunto gli abissi ancora in vita, era anch’esso alimentato da buone intenzioni; come ci narra la Torà stessa, egli desiderava più di ogni altra cosa diventare Kohen Gadol, Sommo Sacerdote, il più alto livello spirituale cui una persona umana in vita possa aspirare.
Come sappiamo di queste ottime intenzioni? Innanzitutto i Maestri ci insegnano che ai tempi del Messia, ”tutti potremo essere vicini a D-o, come Korach voleva”. In secondo luogo, per il fatto che un’altra bravissima persona aspirava allo stesso ruolo, ma – come Korach – fu impedito da un decreto Divino. Chi? Mosè in persona.
Le ambizioni di Korach
Questo è ciò che Mosè disse a Korach: Abbiamo un solo D-o, una sola Torà, una sola legge, un solo Santuario ed un solo Kohen Gadol! “Tu aspiri ad essere sommo sacerdote? Anche io!” disse Mosè.
Sia Korach che Mosè desideravano qualcosa che era severamente vietato. La decisione sulla Sacralità del Kohen Gadol spettava esclusivamente a D-o, che scelse Aronne ed i suoi figli e relativi discendenti. Il desiderio del proibito portò Korach alla distruzione, sua e dei suoi famigliari e seguaci, mentre lo stesso desiderio e lo stesso rifiuto da parte di D-o, portò Mosè ad una vita di gloria e Santità.
Se la strada per gli inferi è pavimentata con buone intenzioni, lo è anche la strada per il Cielo. La differenza è molto sottile, ma cruciale: alimentare il proprio ottimo desiderio, nonostante il divieto Divino, e perseguirlo, oppure accettare il rifiuto e placare la bramosia.
Il messaggio che deriviamo
La Torà ci vuole dare un messaggio molto profondo: ci sono due Korach. Korach, l’essere umano e Korach della Torah.
Korach essere umano è colui che ha oltrepassato i confini della malvagità, che disobbedendo ad un preciso ordine Supremo, ha varcato la soglia che porta dal Divino al male assoluto.
Poi c’è il Korach che da il nome alla nostra Sidrà: il Korach che brama ardentemente ad una vita più spirituale, più elevata, che desidera fortemente abbattere le barricate che, con i Suoi divieti, D-o ha eretto tra lui e l’essere umano… ma che si astiene dal procedere nel rispetto del Divino e della propria vita.
Questo Shabbat è il 3 di Tammuz: esattamente 21 anni fa, in questo giorno, si spense una delle più grandi luci che il mondo abbia mai potuto vedere, quella del Rebbe di Lubavitch; per questo motivo abbiamo scelto la lezione di cui sopra, tratta da un suo discorso pronunciato in occasione della lettura della Sidrà di Korach.