Le due vite dell’Ebreo

Parole di Torah

di Daniele Cohenca

La Torà è sempre molto attenta a ciò che ci racconta e che ci insegna; un commento di Rashì sulla parashà della scorsa settimana, spiega che a volte la Torà preferisce raccontare “i discorsi degli schiavi dei padri, piuttosto che gli insegnamenti dei figli”.

Questo per il fatto che molti insegnamenti non espliciti nella Torà possono essere derivati attraverso lo studio approfondito, mentre alcuni episodi carichi di messaggi profondi per le generazioni a venire, se non raccontati nel dettaglio, resterebbero vani.

Della vita dei Patriarchi, ad esempio, non sempre conosciamo i dettagli, spesso siamo a conoscenza solo di alcuni episodi. Avrahàm ad esempio ci viene presentato alla veneranda età di 75 anni e nulla ci viene raccontato in modo esplicito delle vicissitudini da lui vissute fino a quel momento. Simile è il caso della vita di Isacco, di cui la Torà – essenzialmente – ci racconta due fatti salienti: la legatura sull’altare ad opera del padre Avrahàm e lo … scavare pozzi (!) di cui la Torà ci parla questa settimana.

È strano che la Torà dedichi attenzione a questi due momenti molto distanti e apparentemente diversi nei contenuti e nel messaggio che ne deriva.  In realtà la Torà ci vuole trasmettere un insegnamento molto profondo che riguarda la vita quotidiana di ognuno di noi. Isacco secondo il Midràsh ha trascorso alcuni anni nel Giardino dell’Eden, dopodiché è ritornato sulla terra a vivere una vita da mortale (scavando pozzi in cerca di acqua); questi due momenti che sembrano opposti, hanno invece segnato la sua vita e segneranno quella di tutti noi. Isacco ha vissuto una vita altamente spirituale ed una altamente materiale, riuscendo costantemente a mediare fra le due. Tutti abbiamo momenti (chi più chi meno) che dedichiamo alla Torà ed alle Preghiere, tutti abbiamo a che fare con una vita terrena, dunque un lavoro, dei figli, occupazioni di carattere materiale.

L’Ebreo ha come compito di vivere queste “due vite” : dedicare momenti importanti alla vita che chiamiamo “spirituale” (la “legatura di Isacco, il suo ascendere all’Eden”) e momenti dedicati alla vita “materiale”, rappresentati in questa Parashà nel modo più evidente possibile ossia dallo “scavare pozzi”. La difficoltà sta nel riuscire a mediare e non vivere in due universi paralleli ma separati; la vita spirituale e quella materiale dell’ebreo devono sempre coincidere ed essere complementari una all’altra.