di Ilaria Ester Ramazzotti
La geofisica al servizio dell’archeologia. Una ricerca scientifica condotta in Israele con un nuovo strumento di datazione geomagnetica conferma i racconti biblici sulle campagne militari contro i regni di Giuda e Israele. Si tratta di uno studio congiunto dell’Università di Tel Aviv e dell’Università Ebraica di Gerusalemme e che ha coinvolto venti ricercatori di diversi paesi ricostruendo il campo magnetico terrestre registrato nei resti bruciati in diciassette siti archeologici israeliani. Lo riporta il Jerusalem Post.
La ricerca interdisciplinare è stata pubblicata il 24 ottobre sulla rivista scientifica PNAS (Proceedings of the [US] National Academy of Sciences) e si basa sulla tesi di dottorato del professore Yoav Vaknin, supervisionata dai professori Erez Ben-Yosef e Oded Lipschits dell’Istituto di Archeologia dell’Università di Tel Aviv e Ron Shaar dell’Istituto di Scienze della Terra dell’Università Ebraica di Gerusalemme.
“Sulla base della somiglianza o della differenza di intensità e direzione del campo magnetico, possiamo corroborare o smentire ipotesi che affermano che specifici luoghi sono stati bruciati nel corso della stessa campagna militare – ha spiegato Yoav Vaknin, dottorando dell’Università Ebraica -. Inoltre, abbiamo costruito una curva di variazione dell’intensità del campo nel tempo che può servire come strumento di datazione scientifica, simile al metodo di datazione al radiocarbonio”.
I risultati mostrano che la narrazione nella Bibbia ebraica delle campagne militari di egiziani, aramei, assiri e babilonesi è effettivamente corretta. Un esempio della ricerca mostra che i babilonesi non furono gli unici responsabili della sconfitta del regno di Giuda, visto che alcuni luoghi nel Negev sopravvissero fino a diversi decenni dopo, quando furono probabilmente distrutti dagli edomiti.
“Il nuovo strumento di datazione è unico perché si basa su dati geomagnetici provenienti dai siti, le cui date esatte di distruzione sono note da fonti storiche – ha affermato Oded Lipschits dell’Istituto di archeologia dell’Università di Tel Aviv -. Combinando informazioni storiche precise con una ricerca archeologica avanzata e completa, siamo stati in grado di basare il metodo magnetico su una cronologia ancorata in modo affidabile”.
Ron Shaar, che ha guidato gli aspetti geofisici dello studio, nonché lo sviluppo del metodo di datazione geomagnetica, ha detto riportato dal Jerusalem Post che: “Il campo magnetico terrestre è fondamentale per la nostra esistenza. La maggior parte delle persone non si rende conto che senza di essa non potrebbe esserci vita sulla Terra poiché ci protegge dalle radiazioni cosmiche e dal vento solare”.
“Inoltre, sia gli esseri umani che gli animali lo usano per orientarsi. Il campo geomagnetico è generato dal nucleo esterno della Terra, a una profondità di 2.900 chilometri, da correnti di ferro liquido. A causa del movimento caotico di questo ferro, il campo magnetico cambia nel tempo. Fino a poco tempo, gli scienziati credevano che rimanesse abbastanza stabile per decenni, ma la ricerca archeo-magnetica ha contraddetto questa ipotesi rivelando alcuni cambiamenti estremi e imprevedibili nell’antichità”.
“La nostra posizione qui in Israele è particolarmente favorevole alla ricerca archeo-magnetica” a causa “dell’abbondanza di reperti archeologici ben datati. Negli ultimi dieci anni abbiamo ricostruito i campi magnetici registrati da centinaia di reperti archeologici. Combinando questo set di dati con i dati dell’indagine di Yoav Vaknin sugli strati storici di distruzione, siamo stati in grado di formare una curva di variazione continua che mostra cambiamenti rapidi e bruschi nel campo geomagnetico – ha concluso Shaar -. Questa è una notizia meravigliosa, sia per gli archeologi che ora possono utilizzare i dati geomagnetici per determinare l’età dei materiali antichi, sia per i geofisici che studiano il nucleo terrestre”.
(Foto: Yoav Vaknin)