Serata in ricordo di Rav Laras z’tz’l con una lezione sul Tikkun Olam

Personaggi e Storie

di Roberto Zadik

Una serata importante e partecipata a un anno dalla scomparsa di Rav Giuseppe Laras z’tz’l, mancato il 15 novembre 2017: il 15 novembre 2018 si è tenuto un Limmud, una serata di studio, in sua memoria presso l’Auditorium della Casa di Cura di via Dezza, sede della Fondazione Maimonide. Il Limmud è stato dedicato al complesso e interessante tema del “Tikkun olam” (riparazione del mondo) in cui hanno parlato quattro rabbini d’eccezione: Rav Elia Richetti, Rav Roberto Della Rocca, Rav Igal Hazan e Rav Amedeo Spagnoletto. Ognuno dei relatori, durante la serata, si è soffermato sulla “riparazione del mondo” e su come le persone possano contribuire, ognuna a suo modo, a questo non facile compito. Nei vari discorsi, ci sono stati diversi riferimenti, da parte di tutti i relatori, alla figura di Rav Laras, Rabbino, Docente e intellettuale che ha svolto un ruolo di primaria rilevanza per la Comunità ebraica milanese, prima come Rabbino Capo, presidente dell’Assemblea Rabbinica Italiana (ARI) e come Presidente del Tribunale Rabbinico del Centro Nord Italia, ora presieduto da Rav Sciunnach come suo successore. Un’altra iniziativa dedicata a Rav Laras e sempre organizzata dalla Fondazione Maimonide è prevista per il prossimo 4 dicembre dalle 18.00  col dibattito “Quali speranze per le future generazioni?” che si terrà a Palazzo Reale nella Sala delle Conferenze. Dopo i saluti del Consigliere comunale Matteo Forte interverranno importanti filosofi come Massimo Giuliani, docente di pensiero ebraico, e la teologa e saggista Maria Cristina Bartolomei, Paolo Finzi, avvocato e giurista  e Marco Garzonio, psicologo e giornalista. Due serate dedicate a Rav Laras e una serie di riflessioni di grande spessore espresse dai relatori.

Ad aprire il Limmud del 15 novembre è stato Rav Richetti che ha sottolineato l’impegno di Rav Laras sia come presidente dell’Ari, Assemblea Rabbinica Italiana che come autorità del Bet Din (Tribunale Rabbinico) prima “Nazionale” dal 1988 e poi del “Centro Nord Italia” dal 2003 anche perché «Milano e Roma erano molto impegnate coi loro Tribunali e le piccole comunità non avevano nessuno che le tutelasse». Introducendo il tema della serata il Rav si è interrogato sul termine e sulle fonti dove esso appare. «Nel Mussaf di Rosh Hashanà se ne parla nella seconda parte di Aleinu Leshabeach, verso la conclusione dove viene sottolineata la speranza di assistere alla fine delle idolatrie perché l’unico vero Re del mondo è Hashem –  ha raccontato, anche se – è difficile pensare  a un mondo imperfetto e possiamo aggiustare quello che ha fatto Dio?». Il Rav ha poi specificato che «non è solo attaccando l’idolatria che possiamo occuparci del mondo bensì anche e soprattutto nei rapporti umani quotidiani». Interrogandosi su varie questioni e citando diverse “takanot” (responsi e pareri rabbinici) Rav Richetti ha proseguito chiedendosi se il tikkun sia un rimedio per i problemi, a seconda dei vari casi e delle controversie fra persone, e menzionando importanti personaggi dell’epoca talmudica, da Rabbi Hillel a Rabban Gamliel. Egli successivamente ha evidenziato la possibilità e anzi la responsabilità dell’uomo verso il suo prossimo. «Sembra impossibile – ha detto – ma abbiamo la capacità di aggiustare quello che ci circonda e di provare a farlo».

Molto intenso anche l’intervento di Rav Sciunnach che ha invece messo l’accento sul “tikkun” visto come messaggio che implica diversi aspetti etici, morali, sociali e religiosi e come «aspirazione a un comportamento socialmente e eticamente benefico». Insistendo sulle Mitzvot e sullo Shabbat, «come collegamento fra l’uomo e Dio»,  il Rav che attualmente è presidente del Beth Din del Centro Nord Italia ha citato vari maestri nella sua spiegazione, dal Rambam al Baal Shem Tov, evidenziando che «tutto dipende da noi e dalle nostre azioni». Concentrandosi sul rapporto con Dio, sull’importanza dello studio, della Torah e delle buone azioni, concetti contenuti nelle Massime dei Padri, testo molto amato da Rav Laras, egli ha ricordato lo stretto legame fra etica, sincerità, correttezza, dello studio e della Tzedakà e la riparazione del mondo.

Sullo stesso concetto, ma ricordando la precisione e la serietà che contraddistingueva Rav Laras, Rav Igal Hazan ha parlato del patriarca della Torah, Itzhak, enfatizzando il fatto che «ogni ebreo ha diverse responsabilità, non solo quella di essere un buon ebreo ma per l’impatto sull’ambiente in cui vive». Ponendo come esempio vari personaggi della Torah, da Abramo a Isacco a Giacobbe, Rav Igal Hazan ha menzionato i sette precetti noachidi validi per tutti gli uomini del mondo, fra questi “non uccidere”, “non rubare”, “non commettere incesto” specificando che «l’ebreo deve assicurarsi che il mondo circostante capisca e li metta in pratica». In conclusione del suo discorso egli ha sottolineato «Rav Laras era un esempio etico e di integrazione nella società».

I due ultimi interventi prima di recitare il Kaddish sono stati quello di Rav Della Rocca e di Rav Spagnoletto. Rav Roberto Della Rocca ha rievocato la sua esperienza al Beth Din e, spiegando al pubblico un interessante e suggestivo Midrash, ha introdotto una riflessione molto efficace sul Tikun Olam e sulla lotta fra l’Angelo della Pace e dell’Amore e quelli della Verità e della Giustizia perché dove «c’è Pace spesso ci sono compromessi e per evitare conflitti bisogna omettere certi elementi scomodi». Addentrandosi in questo concetto e nelle complessità dei rapporti umani il Rav ha evidenziato anche l’impegno di Rav Laras nel «dialogo interreligioso e nel campo della giustizia» nella sua attività al Beth Din. Tornando al tema dell’Amore e della Giustizia, citando anche il grande Rav Dessler «la Giustizia alla fine deve correggere anche l’Amore e se vogliamo contribuire alla riparazione del mondo dobbiamo comportarci sempre con misericordia ma anche con correttezza e Hashem rappresenta questi due aspetti».

Ultimo intervento quello di Rav Amedeo Spagnoletto che ha ricordato il suo periodo di studio al collegio rabbinico, dove conobbe Rav Laras, la sua «capacità di capire le persone e cercare di comprenderle – e anche secondo il Rambam – noi popolo ebraico diventiamo saggi e facciamo qualcosa come popolo se ci confrontiamo positivamente con la società».