Dopo tre anni di stallo, il 30 luglio scorso a Washington il segretario di stato americano, John Kerry, riportava allo stesso tavolo israeliani e palestinesi. Saeb Erekat e Zipi Livni si sono incontrati per porre le basi di un dialogo che secondo Kerry nell’arco di 9 mesi dovrebbe condurre ad una nuova intesa. C’è chi nutre speranze e chi è scettico sulla riuscita di questa nuova operazione americana per la pace in Medio Oriente. Certo è che ad ascoltare il breve ma “essenziale” scambio di battute che quello stesso 30 luglio si è svolto alla Knesset fra un rappresentante del partito arabo Balad e il primo ministro Benjamin Netanyahu, i nove mesi indicati da Kerry per la nuova intesa sembrano più un auspicio che un’ipotesi fondata sulla realtà.
Oggetto del dibattito della Knesset, un progetto di legge in base al quale qualsiasi accordo di pace che chieda agli israeliani di ritirarsi dai territori occupati dovrebbe essere sottoposto a referendum popolare.
Durante la discussione, ad un certo punto, Jamal Zahalka, rappresentante del partito arabo Balad, sostenitore della soluzione bi-nazionale, interviene affermando: “Noi eravamo qui prima di voi; io ero qui prima di voi. E noi saremo qui anche dopo di voi”.
Parole che hanno creato fermento fra i membri della Knesset e che hanno provocato la reazione del premier Benjamin Netanyahu, seduto fra i banchi del Likud. Netanyahu ha chiesto la parola (cosa che accade raramente) e di fronte ai colleghi della Knesset ha detto: “Non avevo intenzione di parlare. Ma poi ho sentito le parole del deputato Zahalka: ‘Eravamo qui prima di voi, e saremo qui dopo di voi.’ Ora: la prima parte non è vera. La seconda parte non accadrà”.
Questo scambio di battute è stato ripreso dalle telecamere e pubblicato sul canale Youtube del premier Netanyahu con un un titolo quanto mai emblematico: “L’essenza del conflitto in meno di un minuto”.
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